Palermo, la bellezza nascosta
Il rettore dell’università prof. Massimo Midiri: «Siamo il cuore pulsante della Sicilia tra bellezza, innovazione e inclusione»
Perché studiare a Palermo significa abbracciare un futuro internazionale, sostenuto da rete, innovazione e passione per la comunità
A costruire il futuro in Sicilia ci pensa l’università di Palermo. E per farlo scommette sul valore dello rimanere a “studiare a casa” in un contesto di grande bellezza, internazionale, multidisciplinare e orientato al mondo del lavoro. Un’università che ha una capacità in più: farsi diffusa per arrivare in ogni piega della città, anche la più stretta, per contribuire attivamente al contrasto della povertà educativa e spiegare perché conoscere e sapere fare cambia la vita. Un ruolo da motore culturale e sociale, premiato da una crescita del 9,3% sulle immatricolazioni triennali e a ciclo unico, del 26,3% per le magistrali e dell’82,7% nei Poli decentrati ed in cui salgono anche gli iscritti internazionali (+27,6%) e i fuori sede (+6,3%) che rende l’ateneo palermitano naturale generatore di cambiamento.
A fare la differenza nella linea seguita da Massimo Midiri rettore dell’Università di Palermo e presidente del Comitato Regionale Universitario della Sicilia (CRUS) c’è anche l’idea di rete e condivisione con gli altri tre atenei siciliani per invertire il trend sulla migrazione giovanile dai numeri sempre più preoccupanti: «Dobbiamo partire - ha spiegato il prof. Midiri - da un dato di fatto, la Sicilia sta vivendo come buona parte del sud un fenomeno migratorio che è stato stimato dallo Svimez concretizzarsi in ben 4 milioni di ragazzi che lasceranno la propria terra entro il 2050. Questo se associato al dato sul calo demografico rischia di portare alla tempesta perfetta. Assieme agli altri atenei siciliani abbiamo deciso di dare vita ad una strategia comune dall’analisi del territorio, alla scelta di corsi di laurea nuovi, che riguardano i grandi temi dell’Ai o della transizione digitale ed ambientale o la cybersicurezza che oggi non solo piacciono ma danno anche lavoro. Una logica di condivisione delle scelte, che con la prossima offerta formativa, per la prima volta vedrà corsi di laurea interateneo».
Perché Palermo è una scelta vincente per il futuro?
«Vivere a Palermo significa vivere è una realtà sicuramente internazionale, variegata e con la possibilità di avere contatti con buona parte dei paesi europei e con influenze culturalmente molto importanti. Questa università è centrata soprattutto sullo studente. Tutto quello che noi facciamo ha al centro il suo benessere, la vita sociale, dalle aule, alle aree sportive, al ristoro. Abbiamo sistemato e creato nuovi spazi, proprio perché riteniamo che lo studente deve percepire l’università come periodo tranquillo consapevole della sua crescita e del valore della sua socializzazione».
Tasto dolente assieme alle difficoltà che gli atenei affrontano tra tagli alle risorse ed insufficienti investimenti nella ricerca c’è il rischio di “placement” post laurea insoddisfacenti. Cosa si può cambiare?
«Il tema principale è proprio quello di come un titolo universitario possa garantire un’attività lavorativa. Ci siamo aperti al mondo dell’impresa non considerandoli soltanto come stakeholder di riferimento, ma anche come portatori di suggerimenti per definire la differenza reale tra il sapere ed il sapere fare. L’università di Palermo ha destinato agli studenti dei fondi per effettuare i tirocini pre laurea all’interno delle aziende con noi convenzionate. L’obiettivo è quello di vivere un periodo del percorso di laurea in un’azienda che forma e da un contributo innovativo in chiave culturale. Non di rado capita che il rapporto si consolidi in offerta lavorativa. Così le azioni di recruiting sono state sistematizzate creando il tirocinio aziendale pre laurea come momento formativo dentro l’azienda stessa».
Come si sviluppa, invece, il binomio Università- bellezza?
«Abbiamo molto forte il senso che un’università deve essere motore sociale e culturale per tutta la Sicilia. Abbiamo potenziato un sistema di musei collegati con il nostro mondo che abbiamo chiamato “Unipa Heritage” che è diventato un vero e proprio Hub culturale che abbraccia, storia, scienza ed arte con l’obiettivo preciso di coinvolgere la cittadinanza. L’11 dicembre inaugureremo il gateway della biodiversità vero e proprio sito non soltanto museale che diventerà il luogo in cui ricerca, interessamento della popolazione e possibilità delle imprese di colloquiare con gli scienziati darà alla una connotazione di biodiversità unica in tutta Europa».
Attualmente state coltivando un’altra forma di bellezza, che è quella dell’inclusione,dell’ascolto dei bisogni degli studenti. Cosa è cambiato nella concezione dell’ateneo?
«Mettiamo al centro il concetto di fragilità sotto più aspetti che vanno dalla salute a quelli psicologici al tutorato. Ma ci rivolgiamo anche ad una città che ha dei punti di grave particolare criticità con percorsi formativi aperti alla cittadinanza in quartieri fragili per contrastare la povertà educativa e promuovere l’inclusione sociale riscontrando che la gente ha ampiamente risposto dimostrando che dove c’è un presidio culturale c’è una nuova prospettiva anche in termini di allontanamento dai contesti malavitosi. Qui creiamo dei veri e propri poli formativi cercando di parlare agli studenti in età scolare di cosa fa l’università per il loro futuro».