Truffe Ue
Camper con le bare, insulti e minacce: Giuseppe Barone al centro dello show in aula per truffa all'Unione europea
Processo-show a Palermo: tensione in aula per Giuseppe Barone — proprietario del camper con bare e scritte antimafia — tra accuse di truffa all'Unione europea, minacce, video virale e sequestro di 231.850 euro

Attimi di altissima tensione in tribunale al processo per truffa alla comunità europea che vede tra gli imputati, Giuseppe Barone, il proprietario del camper con le bare sul tetto e le scritte antimafia che per mesi è stato posteggiato tra la via Cavour e via Ruggero Settimo. “Alla prossima manifestazione di intemperanza verrà allontanato dall'aula”, gli ha, a più riprese, intimato il presidente della quarta sezione penale, il giudice Bruno Fasciana. “Ho paura per la mia vita”, ha detto Barone che è infine andato via di sua sponte, sostenendo che non era rappresentato da nessun legale.
Un vero e proprio show a tinte drammatiche quello a cui si è assistito ieri in Aula. Barone partecipava all'udienza da detenuto, la sua misura cautelare era ben più lieve ma è stata aggravata proprio dal comportamento che ha tenuto quando, il 29 aprile, i finanzieri sono andati a notificargli il divieto di dimora a Palermo, Trapani, Agrigento, Catania e in Lombardia. Un divieto che ha ignorato continuando a vivere a casa sua a San Giuseppe Jato. Ma non solo, Barone avrebbe anche mantenuto una costante ingerenza nella gestione delle società sequestrate (Verdejato srl e Tribus srl) – secondo quanto riportato in un'informativa dai finanzieri - ostacolando l’operato dell’amministratore giudiziario. Il 29 aprile i finanzieri si erano presentati per notificargli il divieto di dimora.
Barone, però, si sarebbe rifiutato di firmare la notifica, definendo gli atti «falsi» e accusando i finanzieri di essere «killer di mafia». Secondo il verbale redatto dalle Fiamme gialle, avrebbe persino simulato un investimento, mettendo volontariamente il piede sotto la ruota dell’auto di servizio ferma e gridando di essere stato calpestato. Il giorno successivo, ha pubblicato sui propri profili social (Facebook e TikTok) un video in cui reiterava le accuse ai militari, rendendo riconoscibili volti e nominativi. Il filmato ha superato le 50 mila visualizzazioni.
Addiomafia era, invece, il nome di una società di cui Barone era presidente e dalla quale inviava mail all'amministratore giudiziario dei beni sequestrati. In queste mail faceva riferimento ad un presunto sistema di collusioni definiti “Sistema Saguto”, avrebbe anche inviato mail notturne e lettere a istituzioni e ministeri in cui accusava amministratori giudiziari e guardia di finanza di far parte di «un sistema mafioso legato a Brusca». Durante l’udienza del 16 luglio, Barone avrebbe minacciato l’avvocato sostituto e il giudice relatore, venendo allontanato dall’aula.
Il clima di tensione generato ha spinto perfino gli operatori della Cooperativa Libera Terra a sospendere le attività di pulizia dei terreni confiscati, l’1 agosto 2024, per timore di ritorsioni. Parallelamente, gli inquirenti hanno contestato a Barone, in concorso con Salvo Martello, nuovi reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e autoriciclaggio. Secondo l’accusa, nel 2020 i due avrebbero ottenut, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, un finanziamento di 231.835 euro dal Fondo di garanzia per le Pmi, dichiarando che serviva a sostenere un’attività di commercio di carburante mai avviata.
Da qui la richiesta di custodia in carcere e il sequestro dei beni di Barone e Martello per 231.850 euro da parte dei magistrati della procura europea Gery Ferrara e Amelia Luise. Barone era stato già coinvolto, insieme a Martello e ad altri cinque indagati, nella maxi-inchiesta della guardia di finanza su un presunto sistema di truffe ai danni dell’Unione europea, per contributi falsamente richiesti nell’ambito dei programmi Ocm Vino, per un valore 4,5 milioni di euro.