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Cracolici: la mafia cambia pelle ma resta una minaccia per Palermo, allarme armi tra i giovani

Dopo l'ultimo omicidio, la commissione regionale Antimafia incontra vertici istituzionali e chiede controlli, interventi sociali, contrasto alle armi e maggiore consapevolezza

Redazione Palermo

16 Ottobre 2025, 17:26

17:33

Antonello Cracolici

Antonello Cracolici

“Abbiamo incontrato i vertici della prefettura e della magistratura inquirente palermitana: abbiamo fatto questo lavoro in giro per la Sicilia e Palermo era la tappa conclusiva di questa relazione, ma la nostra presenza qui è stata inevitabilmente condizionata dall’ultimo omicidio in città, tema che ha dominato il nostro incontro”. Lo ha dichiarato il presidente della commissione Antimafia all’Ars, Antonello Cracolici, durante un punto stampa in Prefettura a Palermo.

Cracolici ha spiegato che esiste “l’impegno a rafforzare diverse aree a rischio”, pur mantenendo “qualche dubbio anche perché il rischio può spostarsi in altre zone”.

Sul fronte della prevenzione, ha aggiunto: “Sul tema della sicurezza la mia commissione farà la sua parte: la presenza della cultura mafiosa sta diventando sempre più attrattiva per le nuove generazioni e su questo le istituzioni si devono interrogare, così come devono farlo sulla strategia di rottura tra i modelli culturali e la gente verso cui vengono indirizzati”.

Per il presidente dell’Antimafia regionale, il nodo resta la sottovalutazione del fenomeno: “Il grave difetto del tempo che viviamo è che la mafia non viene più considerata un’emergenza: pur cambiando pelle continua a incidere sull’economia, sulla sicurezza e sul condizionamento di alcuni settori della politica. Per fare ulteriori strumenti di contrasto serve innanzitutto la consapevolezza di come la mafia sia ancora presente in Sicilia”.

Il presidente dell'Antimafia regionale ha collegato l’aumento della criminalità a un circuito di attività illecite alimentate da capitali illeciti: “Molte di queste attività partono dalla quantità di risorse che girano a Palermo grazie al traffico della droga, gestito da Cosa Nostra e dalle famiglie mafiose di questa città”.

Da qui la preoccupazione per la diffusione delle armi: “Non a caso noi abbiamo fatto una domanda specifica sul dato delle armi, perché la quantità di Palermo ci preoccupa. Quando un ragazzino a vent’anni si compra un’arma, attraverso il dark web o il fruttivendolo di prossimità, o comunque quando girano tutte queste armi è chiaro che ciò avviene perché sta diventando uno status symbol. L’idea che si costituisce è che per contare devi essere armato: ci dobbiamo interrogare su questo, ne va della vita di tutti noi e della sicurezza dei nostri figli”.

Il presidente ha rimarcato la necessità di affiancare controllo del territorio e interventi sociali: “Il tema del contrasto va certamente affrontato con la sicurezza, quindi con un sistema anche di controllo, ma anche sul terreno sociale: noi andremo proprio nei prossimi giorni allo Zen a svolgere lì le attività della Commissione. Lo Zen non è Maranzano, ma è fatto anche di persone che escono la mattina per andare a lavorare, cercano di studiare, frequentano licei e università: vogliamo far sì che questa parte del quartiere abbia consapevolezza che non può continuare a stare in silenzio o altrimenti sarà travolta”.

Cracolici ha poi riferito dell’incontro con le forze dell’ordine e la magistratura: “Oggi abbiamo incontrato ‘gli esperti di repressione’, cioè polizia, carabinieri, guardia di finanza e magistratura: credo ci sia la consapevolezza che questa città può avere anche salti di qualità”.

Quanto ai recenti fatti di sangue, ha richiamato l’episodio di Monreale: “La strage di Monreale è avvenuta in seguito a una rissa, stavolta è stato ammazzato un ragazzo che durante una rissa stava difendendo il suo posto di lavoro: quest’elemento ha suscitato una sorta di riprovazione morale nella cittadinanza, c’è stata una reazione diffusa da parte di tutti”.

E ha concluso: “Non vogliamo assolvere nessuno o giustificare i silenzi. Ognuno deve fare la sua parte, non vinciamo la battaglia dello Zen mettendo più polizia o carabinieri. Se vogliamo combattere la mafia bisogna anche dare più luce alla città: ci sono intere zone in cui l’illuminazione pubblica non funziona e una di queste è la scuola dello Zen. Andremo lì a chiedere che ognuno faccia la sua parte, anche dentro il quartiere”.