I verbali
«Quando spararono contro me e Nuccio (Mazzei) con il kalashnikov e crivellarono la Porsche»
Un'altra puntata sulle rivelazioni del nuovo pentito Cerbo, conosciuto alle cronache come lo "Scarface" catanese
Sebastiano Mazzei è (forse) un miracolato. Più volte è sfuggito agli agguati. Una volta, secondo i racconti del pentito Gaetano D’Aquino, era nel mirino del clan Cappello-Carateddi. Ma fu lo stesso killer a non portare al termine il piano di Sebastiano Lo Giudice “u carateddu”.
Nel 2013, invece, Nuccio Mazzei - figlio del capomafia Santo - sarebbe stato bersaglio addirittura di una mitragliata nel parcheggio della discoteca 69 Lune, di cui il boss mafioso sarebbe stato socio occulto al 25%.
L’episodio, mai emerso a livello di cronaca, è stato raccontato dal nuovo collaboratore William Cerbo ai pm della Dda di Milano nell’ambito del processo Hydra sulla federazione delle mafia in Lombardia. «Io all’epoca avevo una Porsche Carrera 4S bianca - ha rivelato il pentito - la posteggio davanti al 69 Lune, il parcheggio mio riservato, scendiamo io e lui (Nuccio Mazzei), dopo neanche un minuto ci riempiono la macchina di colpi di pistola. Non so se era un kalashnikov... Ci distruggono davanti a tutti quella macchina a colpi di pistola. Panico perché c’erano più di 500 persone là davanti, perché era proprio l’inizio, mezzanotte, quando cominci a entrare nella discoteca, quindi succede un macello».
Cerbo l’indomani sarebbe stato convocato dalla squadra mobile in via Ventimiglia. Qualche investigatore («uno importante») lo avrebbe messo in guardia e avrebbe chiesto di vuotare il sacco. Ma Cerbo la macchina l’avrebbe fatta sparire la sera stessa. «Chiaramente gli ho detto che non sapevo nulla», spiega il collaboratore. Che ai magistrati cerca di farli addentrare nella mafia catanese. La questione sarebbe stata collegata al rifiuto di non far entrare nel locale a un rampollo dei Laudani. Nuccio Mazzei avrebbe «convocato tutti i capi di tutti i clan (Cappello, Laudani, Cursoti, Pillera). Voleva sapere a tutti i costi chi aveva sparato».
Cerbo riassume cosa gli avrebbe raccontato Mazzei: «Mi sono chiamato a tutta Catania e tutta Catania non mi vuole dire chi è che ha sparato». Ma poi sarebbe stata trovata la quadra: «Perché poi ho fatto due più due. Si chiama Andrea Catti, storico reggente della famiglia Laudani. E lui confermò che era stata una bravata, che quelli là erano ragazzini. E la cosa l’hanno sepolta». Pare un po’ di rivivere quello che sta accadendo a Catania in questo periodo. Corsi e ricorsi storici.


