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I furti di auto e moto e il "cavallo di ritorno": sette arresti (e 15 indagati) a Palermo

L'operazione dei carabinieri di Bagheria: il gruppo rubava i mezzi e poi chiedeva soldi per la restituzione

Redazione Palermo

07 Novembre 2025, 09:29

09:31

Carabinieri

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I Carabinieri del Gruppo di Monreale hanno eseguito, a Bagheria, Ficarazzi e Villabate, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Termini Imerese, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di sette persone ritenute responsabili, a vario titolo, di furto e estorsione aggravati in concorso, ricettazione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Nell’ambito della stessa operazione risultano inoltre indagate a piede libero altre otto persone.

Il provvedimento nasce da un’inchiesta condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Bagheria nel secondo semestre del 2024, che ha consentito di individuare e smantellare un gruppo composto da giovani italiani, dedito ai furti di auto e motocicli e alle successive estorsioni ai danni dei proprietari mediante il cosiddetto “cavallo di ritorno”.

Le indagini, sviluppate attraverso attività tecniche, servizi di pedinamento su strada e controlli alla circolazione con il supporto delle Stazioni Carabinieri territorialmente competenti, hanno permesso di ricostruire 10 episodi di furto, quattro estorsioni consumate e due tentate, due casi di ricettazione e tre cessioni di stupefacenti, tra cocaina e hashish.

Durante l’estate, a fronte di un crescente numero di denunce per furti di autovetture — per lo più avvenuti lungo la litoranea panoramica tra Aspra e Mongerbino — gli investigatori hanno delineato uno schema operativo ricorrente: dopo la denuncia, a pochi giorni di distanza, i proprietari comunicavano ai militari il rinvenimento su pubblica via dei veicoli sottratti.

Sulla base dei primi riscontri, l’attenzione si è concentrata su alcuni giovani dell’hinterland palermitano, ritenuti non solo autori materiali dei furti, ma anche intenzionati a ottenere denaro in cambio della restituzione dei mezzi.

Il modus operandi era consolidato: una volta compiuto il furto, i presunti responsabili contattavano le vittime tramite social network utilizzando profili falsi e sempre diversi, chiedendo somme comprese tra 200 e 800 euro per la restituzione. Ottenuta la disponibilità al pagamento — ritenuta da molti più conveniente dell’acquisto di un nuovo veicolo — indicavano il luogo della consegna del denaro e solo successivamente comunicavano la posizione dell’auto o della moto, poi recuperata.