Giudiziaria
Confermata condanna per diffamazione: Alloro dovrà risarcire Cicero e Venturi
La sentenza della Corte d'appello di Catania: disposto anche il risarcimento delle spese legali
La Corte di Appello di Catania ha emesso sentenza con la quale ha confermato la condanna a carico di Mario Alloro (ex deputato regionale), difeso dall’avv. Silvano Domina, per avere diffamato, a mezzo stampa, Alfonso Cicero (ex presidente IrsaIrsap) e Marco Venturi (ex assessore regionale delle attività produttive), costituitisi parte civile ed entrambi difesi dall’avv. Annalisa Petitto. La sentenza di appello, inoltre, ha confermato la condanna nei confronti di Alloro al pagamento delle spese legali per le parti civili Cicero e Venturi ed al risarcimento dei danni patiti dagli stessi che, in riforma della sentenza di primo grado, dovranno essere liquidati in separato giudizio civile.
Alloro, come emerge dalla sentenza di primo grado - oggi confermata in appello - mediante dichiarazioni rese alla stampa nel 2010, offendeva gravemente la reputazione di Cicero e Venturi, affermando, contrariamente al vero, di essere stato rimosso per ritorsione dall’incarico di direttore generale del Consorzio Asi di Enna in quanto aveva “dato parere sfavorevole a numerosi atti proposti da Cicero tra cui il bilancio di previsione del 2009” che - sempre a dire di Alloro - sarebbe stato“palesemente falso e la cui approvazione potrebbe configurare gli estremi di un falso ideologico” e, altresì, poteva essere “frutto dell’opposizione al conferimento di incarichi nei confronti di professionisti politicamente impegnati, in un momento in cui i dipendenti dell’Asi di Enna non percepivano emolumenti da diversi mesi”.
Inoltre, Alloro, nel suddetto articolo, sempre al riguardo della revoca dall’incarico di direttore dell’Asi di Enna, aveva dichiarato che Venturi “per riuscire in questo obiettivo aveva dovuto rimuovere e poi nominare in meno di un anno tre nuclei di valutazione, tre commissari ed un comitato di garanti illegittimo” motivi della sua revoca di direttore generale, aggiungendo che “bastava verificare nominativi, appartenenze politiche e parentele di coloro che avevano determinato gli atti finalizzati alla revoca per avere la consapevolezza della ritorsione alla quale era stato sottoposto.”