La nuova relazione dei Ris di Cagliari sul delitto di Garlasco è balzata al centro del dibattito pubblico, complice una serie di indiscrezioni tecniche che, se confermate, potrebbero incidere sulle valutazioni degli inquirenti. Le anticipazioni, pur non ufficiali, appaiono sufficientemente circostanziate da riaprire la discussione sulla dinamica dell’omicidio, prospettando scenari meno scontati rispetto alle ricostruzioni fin qui consolidate. In sintesi, gli approfondimenti introdurrebbero elementi tali da rimettere in discussione alcuni passaggi già noti, alimentando nuove ipotesi.
La Bloodstain Pattern Analysis, depositata in Procura a metà settembre, avrebbe ribadito la presenza di un solo aggressore. Una conclusione di per sé non inattesa, ma che, alla luce di una sequenza degli eventi più complessa rispetto a quella che portò alla condanna di Alberto Stasi, assume rilievo ulteriore. Secondo quanto filtra, gli investigatori avrebbero correlato specifiche tracce ematiche ai movimenti dell’autore, delineando passaggi non del tutto sovrapponibili alle precedenti perizie.
Resta irrisolto l’interrogativo centrale: se l’aggressione sia stata compiuta da Stasi, come stabilito in giudizio, oppure da Andrea Sempio, oggi indagato nella nuova inchiesta. Entrambe le piste, al momento, restano aperte.
Tra i punti più dibattuti figura la presunta impronta di mano individuata nella vasta colatura alla base della scala. Quell’immagine, scattata dai consulenti della difesa di Stasi alcune settimane dopo il delitto e allora ritenuta non significativa dai Ris, sarebbe stata ora rivalutata. Le nuove analisi avrebbero esaminato forma e distribuzione dei segni, ammettendo la possibilità che si tratti effettivamente di una mano e non di semplici gocciolamenti. Se confermato, sarebbe un riscontro di peso, perché collocherebbe l’aggressore proprio nel punto in cui Chiara Poggi sarebbe stata colpita con maggiore violenza.
Un ulteriore fronte riguarda l’ipotesi della cosiddetta terza aggressione. Gli schizzi di sangue tra il terzo e il quinto gradino avevano già animato il confronto nella prima fase investigativa, salvo poi essere ridimensionati da una successiva perizia che escludeva la discesa dell’assassino sulla scala. La rilettura della BPA rimetterebbe in discussione quella conclusione, suggerendo la possibilità di un colpo ulteriore, secondo una dinamica ancora da definire. In questo contesto torna in evidenza la cosiddetta “impronta 33” attribuita a Sempio, che per alcuni potrebbe inserirsi proprio in quel frangente.
Sul piano istituzionale, si è acceso lo scontro tra la Procura di Brescia e l’avvocato Domenico Aiello, legale dell’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti. L’ufficio inquirente ha stigmatizzato presunti attacchi “sopra le righe” da parte della difesa, richiamando il divieto per i magistrati di commentare pubblicamente le indagini. Aiello ha replicato punto per punto, sostenendo che non sarebbero arrivate “le scuse” da lui ritenute doverose e denunciando “falsità e approssimazioni” che non avrebbero dovuto trovare spazio. Una polemica che si innesta in un momento in cui ogni dettaglio pesa e ogni parola produce conseguenze, contribuendo a un clima teso e carico di aspettative attorno alle nuove analisi.