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I dati

Violenza sulle donne, il Codice rosso non è bastato: oltre cento femminicidi l'anno

L'Italia è un Paese più sicuro, in cui i delitti in generale sono in diminuzione. Questa statistica, però, non riguarda i reati contro le donne, tristemente stabili

Leandro Perrotta

25 Novembre 2025, 06:35

Violenza sulle donne, il Codice rosso non è bastato: oltre cento femminicidi l'anno

Foto di Federica Vismara (sulla pagina Facebook di Non una di meno)

L’Italia appare come un Paese sempre meno violento. Negli ultimi 10 anni gli omicidi volontari sono passati dai 475 del 2015 ai 319 del 2024, toccando il minimo storico dall’Unità d’Italia nel 2020, anno del Covid, con 289. A dirlo sono le statistiche ufficiali diffuse dal ministero dell’Interno. Ma mentre diminuiscono i delitti totali, la percentuale di femminicidi cala in modo molto meno marcato. E il tutto nonostante l’introduzione da oltre cinque anni nella normativa del cosiddetto “Codice rosso”, ovvero la Legge 69 del 2019 che rafforza la tutela di coloro che subiscono violenze, atti persecutori e maltrattamenti.

Dal 2015 al 2024 il totale delle vittime di delitti volontari di sesso maschile è passata da 330 a 206, ma per le donne c’è una sostanziale stabilità nel numero: da 145 si è passati a 113. E si tratta nella quasi totalità dei casi di femminicidi, ovvero delitti maturati nell’ambito familiare e affettivo. Dal 1 gennaio al 20 ottobre di quest’anno le donne uccise sono già state 85 e - secondo il 12esimo Rapporto Eures - nel 96% dei casi si tratta di femminicidio.

A interrogarsi delle ragioni di questa apparente contraddizione sono stati gli studiosi Daniela Corso, psicologa e psicoterapeuta, e Flavio Verrecchia, statistico, che nel volume “Violenza di genere e giustizia - Cinque anni di Codice Rosso tra norma, cultura e società” (edito da FrancoAngeli) evidenziano non solo la progressione numerica dell’incidenza negli anni - oggi l’Italia conta il 33% degli omicidi in meno rispetto a dieci anni fa, mentre i femminicidi sono diminuiti solo del 22% - ma anche l’evoluzione del fenomeno in rapporto all’estero. Nel 2023 le vittime di genere femminile rappresentavano il 35% del totale in Italia, contro il 34% in Spagna, il 29% in Francia e il 21% in Grecia, facendo del Bel Paese quello con più femminicidi in rapporto al totale.

«In un contesto generale di riduzione della violenza letale - scrivono Corso e Verrecchia - permangano strutture relazionali che espongono in modo sproporzionato le donne. Tale asimmetria suggerisce che la diminuzione della violenza generale non comporta automaticamente un miglioramento nella tutela delle donne, indicando la persistenza di una componente culturale nella violenza omicida».

Da sottolineare c’è anche l’incidenza territoriale. Sempre Eures evidenzia che nei primi 10 mesi del 2025 le regioni del Nord concentrano il 48,2% dei casi (41), seguite dal Sud (25, pari al 29,4%) e dal Centro (19, pari al 22,4%). Una tendenza confermata dai dati ufficiali del ministero dell’Interno. Le due regioni dove si sono consumati più femminicidi nel 2024 sono le due più popolose, ovvero Lombardia e Lazio, entrambe con 14 delitti. Segue l’Emilia-Romagna, con 10, e il Piemonte con 9, stesso dato della Puglia. Subito dopo Sicilia (8) e Campania (7), ovvero le regioni che negli scorsi decenni hanno dominato la triste classifica degli omicidi in Italia. Per gli studiosi «la diminuzione delle vittime legate al terrorismo e alla criminalità organizzata è stata in parte compensata dalla persistenza della violenza domestica».

In un contesto dove oltre il 95% delle donne assassinate risulta vittime di partner, ex partner o altri familiari, rendendo di fatto sovrapponibile la categoria delle donne uccise a quella dei femminicidi, per Corso e Verrecchia il focus si sposta quindi sull’aspetto culturale. Al di là dell’emersione del termine “femminicidio”, che negli ultimi decenni - soprattutto dagli anni ‘80 con l’abolizione del “delitto d’onore” - ha quasi sostituito nel discorso pubblico e sui giornali termini come “uxoricidio” e “delitto passionale”, l’evoluzione della società italiana sembra non tenere il passo di “salti in avanti” normativi come il Codice rosso. Questo ha sì migliorato la tempestività dell’intervento delle forze dell’ordine, ma resta fragile la rete di protezione. A testimoniarlo è un altro dato: il numero di braccialetti elettronici attivati per reati legati al Codice Rosso rispetto al numero di denunce nel 2023 era solo il 3,8%. Ovvero: nel 96,2% dei casi la misura non viene applicata.

C’è infine anche un allarme relativo alle case rifugio, che rischia di diventare un servizio non più sostenibile dalle cooperative sociali. La denuncia viene dal Cnca (coordinamento nazionale comunità accoglienti) della Lombardia, e mette in evidenza come l’Intesa Stato-Regioni del 2022 che regolamenta i centri antiviolenza (Cav) e le case rifugio abbia stabilito come criterio fondamentale per gestire o aprire queste strutture un bilancio esclusivamente dedicato al solo tema della violenza di genere. Attualmente le case rifugio in Italia sono 375, con notevoli disparità territoriali. Secondo gli ultimi dati Istat (aggiornati al 2023) mentre la Lombardia conta su ben 100 strutture ospitando oltre 700 donne, in Basilicata, Molise e Valle D’Aosta è presente una sola casa rifugio. La Sicilia è quarta, con 30 strutture per 286 posti, dietro a Emilia-Romagna (55 case rifugio e 400 ospiti) e Veneto (31 con 195 posti).