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il blitz

Marsala, tre gruppi criminale e una centrale dello spaccio in centro storico: giovane arrestato

Polizia trova marijuana e hashish dentro un appartamento oltre a 3.500 euro in contanti

Laura Mendola

06 Dicembre 2025, 14:19

Marsala, tre gruppi criminale e una centrale dello spaccio in centro storico: giovane arrestato

La porta blindata vibra due volte, poi la terza è quella decisiva: una lama di luce entra nel corridoio, il pastore tedesco fiuta, un agente sussurra “polizia, perquisizione”. È una delle tante scene che, alle prime ore di un’alba di fine novembre, si sono ripetute in appartamenti, garage e fondi agricoli tra Trapani, Marsala e Mazara del Vallo. E in pieno centro storico è stata scoperta la base operativa di uno dei tre gruppi criminali. Un luogo apparentemente sicuro gestito da un venticinquenne (denunciato col blitz antimafia e arrestato in flagranza di reato) che aveva 155 grammi di marijuana e 67 grammi di hashish, oltre a 3.500 euro in contanti.

Il tutto è accaduto mentre la Squadra Mobile della Questura di Trapani e il Commissariato di Marsala eseguono un’ordinanza cautelare: 27 persone raggiunte da misure restrittive — 16 in carcere, 11 ai domiciliari — per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, con l’ipotesi aggravante, per alcuni, di agevolazione della famiglia mafiosa di Marsala. Nel frattempo scattano circa 20 perquisizioni delegate dalla Procura distrettuale antimafia. Non è un episodio isolato: è la fotografia di un ecosistema criminale che, secondo gli inquirenti, ha trasformato la cocaina in un flusso continuo di denaro e potere, controllato e tassato ai piani alti.

Un’indagine paziente: tre reti, un territorio

Le carte raccontano un lavoro lungo, iniziato nel 2020, fatto di appostamenti, intercettazioni, pedinamenti e incroci di tabulati. Gli investigatori parlano di tre distinte associazioni: autonome nell’organizzazione ma convergenti sul mercato della cocaina, con ruoli definiti dall’approvvigionamento allo smercio al minuto. Le piazze principali? Marsala e le aree limitrofe, con diramazioni operative tra Trapani e Mazara del Vallo. L’ipotesi accusatoria — che resta tale fino a giudizio — è che i gruppi abbiano alimentato una “catena di montaggio” ben oliata: fornitori, mediatori, stockisti, pusher, “vedette”, contabilità. E, sopra tutto, una vigilanza discreta ma pervasiva dei referenti della consorteria mafiosa locale, informati sugli affari e remunerati con una percentuale dei proventi.

Tra gli elementi ricostruiti dagli inquirenti spunta un dettaglio che restituisce plasticamente la saldatura fra territorio e affari: un primo gruppo avrebbe avuto base in una contrada di campagna — indicata come contrada Ciavolo — facendo capo, secondo le cronache, a un allevatore settantenne ritenuto punto di raccordo fra mediatori legati alla criminalità e la rete degli spacciatori. Un modello “diffuso” che sfrutta la geografia: depositi defilati, snodi stradali rapidi, rifornimenti cadenzati. Una logistica che copia quella delle aziende, ma con un prodotto illegale ad altissimo margine.

La macchina del blitz

Per tradurre la mappa investigativa in arresti serviva forza, coordinamento, tempismo. All’operazione hanno preso parte circa 200 agenti, supportati da 4 unità cinofile e 16 pattuglie dei Reparti Prevenzione Crimine di Sicilia e Calabria. L’esecuzione simultanea delle 20 perquisizioni ha ridotto lo spazio di manovra di fiancheggiatori e fuggitivi, limitando il rischio di dispersione di prove. È la grammatica delle grandi operazioni: stringere il cerchio ovunque, nello stesso istante.

L’ipotesi mafiosa: controllo, “tassa” e pace armata

Gli approfondimenti della Dda di Palermo delineano una dinamica nota ai territori a forte tradizione mafiosa: i mercati ad alto rendimento — come quello della cocaina — non vivono senza un “permesso” tacito o esplicito dei gruppi che presidiano il contesto. In questo caso, l’aggravante ipotizzata è quella dell’agevolazione di Cosa nostra, con specifico riferimento alla famiglia di Marsala. Gli elementi raccolti descriverebbero un controllo pervicace: i vertici delle tre organizzazioni informavano i referenti mafiosi delle partite in arrivo, degli incassi, dei debitori. In cambio, ottenevano “protezione” e una gestione senza conflitti delle piazze. La percentuale riconosciuta ai “garanti” diventava così un costo fisso, una tassa criminale che saliva lungo la filiera fino a incidere sul prezzo di strada. È un paradigma riscontrato anche in altre indagini recenti nel Trapanese e che contribuisce a spiegare perché lo spaccio resti una rendita stabile per i clan, nonostante sequestri e arresti.