L'oro sfonda i 4.000 dollari l'oncia: che cosa sta accadendo sui mercati globali e perché c'è la corsa all'acquisto
Secondo gli analisti il bene rifugio per eccellenza ha già raggiunto una quotazione che era prevista per la seconda metà del 2026

La corsa dell’oro non accenna a rallentare: la soglia record dei 4.000 dollari l’oncia è stata superata con sei mesi di anticipo rispetto alle previsioni degli analisti. Goldman Sachs stimava il superamento di questo livello a metà 2026, con un successivo approdo a 4.300 dollari entro la fine del prossimo anno.
L’impennata degli acquisti, dilagata già da settimane, conferma – se mai ce ne fosse bisogno – il ruolo di bene rifugio per eccellenza del metallo prezioso. Oltre alle tensioni geopolitiche legate ai conflitti tra Russia e Ucraina e, in Medio Oriente, tra Israele e Hamas, dallo scorso 29 settembre si è aggiunto un ulteriore fattore di rischio: lo “shutdown” Usa. La chiusura delle attività governative per esaurimento dei fondi federali non si verificava dal 2019 e, con l’amministrazione Trump, è tornata d’attualità. Il risultato è un balzo su base annua superiore al 50%, il più marcato dal 1979.
Secondo diversi analisti, il mercato è entrato in “overbought territory”, ovvero in eccesso di acquisti: uno squilibrio tra domanda e offerta che rende il prezzo del metallo giallo difficilmente governabile. A spingere contribuiscono anche le banche centrali, che incrementano le riserve come alternativa al dollaro, complice la ripresa dei tagli dei tassi Usa da parte della Fed.
Un ruolo non secondario lo giocano poi gli Etf, i fondi che replicano un singolo asset: oggi detengono in portafoglio oltre 100 tonnellate di oro, rispetto alle 17 tonnellate previste in caso di ribasso dei tassi americani.
Infine, il mercato in senso più ampio riscopre il lingotto come investimento di lungo periodo in alternativa a azioni, obbligazioni e al più tradizionale mattone.
L’impennata dell’oro segnala un deterioramento della fiducia nelle banche centrali, mentre i governi le sollecitano a rendere più sostenibile il peso del debito pubblico, con il rischio di alimentare nuove pressioni inflazionistiche. Lo scrive il Wall Street Journal, richiamando i casi di Stati Uniti, Giappone ed Europa, dove l’indebitamento continua a crescere. Il metallo prezioso è sempre più percepito dagli investitori come bene rifugio nell’attuale fase di incertezza economica e come copertura rispetto alle tensioni sugli asset denominati in dollari.