Inflazione
Inflazione record a Palermo: prezzi 124,2%, salari fermi e contrattazione assente
Palermo tra i capoluoghi più colpiti dall'inflazione (124,2% in dieci anni): rincari di prodotti alimentari, bollette, abitazione ed energia mentre i salari restano indietro per la mancanza di contrattazione locale.

segreteria Cgil Palermo
Il capoluogo siciliano ha la più alta percentuale di inflazione dopo Genova, Napoli e Trieste. Nell’ultimo decennio a Palermo l’aumento dei prezzi di consumo è stato del 124,2 per cento. Sono i dati trasmessi oggi dal Sole 24 Ore, che declinano la classifica dell’inflazione nei capoluoghi di regione: Genova ha segnato il record a 126,6 per cento, Napoli a 124,8 e Trieste a 124,5. Per il resto sono tutte rimaste al di sotto del capoluogo siciliano: Bari, ma anche Bologna, Catanzaro, Firenze o Ancona hanno registrato un aumento minore.
Ma perché a Palermo l’inflazione è cresciuta più che altrove? “È uno dei più alti perché incidono nell’aumento i prodotti alimentari e le bevande alcoliche, l’abitazione, l’acqua, l’elettricità, inoltre, combustibili e trasporti”, spiega Francesco Piastra, della segreteria della CGIL Palermo. “Ma il dato dell’inflazione è insignificante se non lo si guarda assieme a quello delle retribuzioni”, indica il sindacalista.
I prezzi salgono, dunque, ma non sarebbe drammatico se a salire fossero anche i salari. Invece tra i due dati c’è uno scarto: “Manca all’appello un 10 per cento”, annota Piastra. E spiega: “Sarebbero solo 8 ma a questo dobbiamo aggiungere, senza dubbio, il fatto che a Palermo manchi una contrattazione secondaria, che fa aggiungere un 2 per cento allo scarto tra aumento dei prezzi e aumento della retribuzione, che va a discapito di quest’ultima. La contrattazione di secondo livello a livello aziendale – quella di primo livello è nazionale – è poco diffusa, incidono i part-time involontari. I salari, poi, sono più bassi e il potere d’acquisto ne risente. A livello nazionale nei rinnovi contrattuali i lavoratori dovrebbero poter recuperare tutto il potere d’acquisto: le detrazioni fiscali dovrebbero essere indicizzate all’aumento inflattivo per poter garantire aumenti effettivi dei salari.”
La contrattazione secondaria, ovvero quella successiva alle contrattazioni su scala nazionale, quella cioè che si realizza all’interno delle stesse aziende e che a Palermo non avviene, a questo si riferisce il sindacalista. Cosa vuol dire però in termini pratici? “Vuol dire che se ho un salario di 1500 euro, rispetto al costo dei beni alimentari, ma anche dell’affitto, delle bollette, della benzina, vado in deficit del 10 per cento, perdo, cioè, 150 euro circa”, spiega Piastra. Serve dunque una contrattazione anche locale, ma soprattutto un aumento dei salari? “Assolutamente sì – risponde il sindacalista – il costo della vita sta diventando schiacciante e agire sulla retribuzione è la priorità per sostenere le famiglie.