Indagini
Attentato a Ranucci: l'Antimafia cerca il filo tra ordigno, minacce e possibili legami criminali
Due le piste investigative principalmente seguite. L’obiettivo è risalire all’auto e all’uomo incappucciato che alcuni testimoni oculari hanno visto nelle fasi precedenti e immediatamente successivi allo scoppio

Sigfrido Ranucci
L’indagine dei pm dell’Antimafia di Roma sull’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci viaggia sostanzialmente su due binari. Da un lato la ricostruzione su quanto avvenuto la sera del 16 ottobre, con un ordigno rudimentale ma potente che ha semidistrutto le due auto parcheggiate all’esterno della villetta del conduttore di Report a Pomezia, dall’altro l’analisi delle denunce, almeno una decina, presentate da Ranucci a partire dal 2021 e dopo le minacce ricevute. In procura, a piazzale Clodio, ci sono almeno dieci fascicoli aperti e al momento tutti contro ignoti.
Il «salto di qualità» avvenuto giovedì scorso ha portato, però, gli inquirenti a cercare una connessione tra i vari episodi per individuare un filo conduttore, un minimo comune denominatore, che porti elementi utili ad individuare l’autore o gli autori dell’attentato. Dai proiettili lasciati all’esterno dell’abitazione, alle intimidazioni arrivate dalla criminalità locale legata anche a frange del tipo ultras e ad ambienti dell’estrema destra: il giornalista negli ultimi quattro anni è stato fatto oggetto di numerose minacce e sono almeno «cinque episodi» quelli definiti «seri» dallo stesso Ranucci nei colloqui avuti con gli inquirenti.
Chi indaga ha affidato ampia delega ai carabinieri di Roma e Frascati per una ricostruzione, minuziosa, delle ore che hanno preceduto lo scoppio e su quanto avvenuto dopo. In questo ambito l’attività passa attraverso la visione di quanto registrato da decine di telecamere posizionate non solo nella zona di Campo Ascolano. L’obiettivo è risalire all’auto e all’uomo incappucciato che alcuni testimoni oculari hanno visto nelle fasi precedenti e immediatamente successivi allo scoppio dell’ordigno rudimentale. Gli investigatori - inoltre - hanno accertato che la 500 trovata a poca distanza dall’abitazione di Ranucci e risultata rubata sarebbe stata sottratta ai proprietari nella zona di Ostia. Anche su questo sono in corso accertamenti per verificare eventuali connessioni tra i due episodi.
L’ipotesi di una azione compiuta dalla criminalità albanese, al centro in passato di una inchiesta di Report, resta al momento una suggestione. Il 10 ottobre scorso, ben prima di quanto avvenuto, è stato arrestato ad Abu Dhabi, il narcos albanese Altin Sinomati ritenuto il mandante dell’omicidio di Selavdi Shehaj, detto Passerotto, ucciso il 20 settembre del 2020 sulla spiaggia di Torvaianica, centro in provincia di Roma e non lontano dall’abitazione di Ranucci.
Di quanto avvenuto a Pomezia è tornato a parlare da Bruxelles il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Il giornalismo e la libertà di stampa, il giornalismo di inchiesta, qualunque forma di giornalismo - ha detto il Capo dello Stato - è un presidio ineliminabile della nostra vita democratica. E quindi quanto avviene è allarmante - non è la prima volta che avviene, in tanti Paesi del mondo - ma è allarmante, e richiede una forte reazione, come sta avvenendo». L’episodio, inoltre, sarà martedì al centro di un dibattito al Parlamento europeo sulle intimidazioni criminali ai danni dei giornalisti investigativi.
Il 26 ottobre, intanto, parte la nuova stagione di Report. «Parleremo di cosa si nasconde dietro la distruzione di Gaza e l’evacuazione di un popolo dopo averlo massacrato. Torneremo poi, a parlare delle stragi di mafia e del ruolo della destra eversiva», annuncia Ranucci.