Il caso
Soldi e armi all'Ucraina, la Lega si smarca: «Chiarezza o meglio lo stop». Ma FdI: «E' campagna elettorale»
Tensioni nel Centrodestra all'indomani del Consiglio supremo di difesa che ha confermato gli aiuti a Kiev
La Lega prende le distanze sulla fornitura di armi a Kiev. Il Consiglio Supremo di Difesa, che ha ribadito «il pieno sostegno» all’Ucraina, si è espresso su «aiuti già decisi», puntualizza il vicepremier Matteo Salvini. Che avverte gli alleati: «Non è così che finisce la guerra e non è così che intendiamo andare avanti. Per il futuro chiediamo chiarezza».
Il futuro, però, è imminente: messo in sicurezza il dodicesimo pacchetto di assistenza, atteso tra fine novembre e inizio dicembre, subito dopo il Parlamento dovrà votare la nuova autorizzazione annuale. Sarà quella la prova di verità per la maggioranza sul dossier Kiev, con un confronto che potrebbe rivelarsi tutt’altro che semplice.
Anche perché sul tavolo ci sono le forniture destinate all’Ucraina che gli Stati Uniti vorrebbero vendere all’Italia e l’eventuale adesione al programma Purl, al momento in stand-by, su cui i leader del centrodestra potrebbero decidere dopo le ultime regionali.
Fratelli d’Italia e Forza Italia, intanto, smorzano i toni: sono convinti che, alla fine, la Lega si allineerà «come sempre ha fatto» sul sostegno a Volodymyr Zelensky e che il fronte di governo resterà compatto.
Resta però agli atti un annuncio destinato a far discutere: «Non ho alcuna intenzione di votare un’altra autorizzazione», fa sapere il senatore leghista Claudio Borghi, richiamando i «dubbi sulla corretta gestione dei fondi» destinati a Kiev. Una linea su cui insistono lo stesso Salvini e il suo vice, Roberto Vannacci.
«Non vorrei che ci fosse la strana triangolazione: pensionato italiano dà soldi a Bruxelles, che li gira a Zelensky; una parte finisce in corruzione, l’altra parte finisce a comprare armi ai francesi», argomenta il leader del Carroccio. L’ex generale rincara parlando di risorse europee disperse «in gabinetti d’oro, ville, yacht».
Il consenso popolare al «supporto a Kiev» «è drammaticamente scemato», avverte, prospettando effetti alle urne. Diversa la posizione di Forza Italia, secondo cui «il supporto militare all’Ucraina è necessario se non vogliamo buttare tutti gli sforzi fatti finora. Dobbiamo proseguire per forza, cercando di arrivare alla pace. La Lega su questo tema ha sempre dimostrato responsabilità».
Sulla stessa linea Fratelli d’Italia: il vicecapogruppo vicario al Senato, Raffaele Speranzon, minimizza le tensioni. «Borghi? Se un parlamentare si asterà non cambierà la sostanza. Siamo anche in campagna elettorale, vedremo...».
Il Partito Democratico si dice «favorevole al proseguimento degli aiuti militari all’Ucraina nel 2026», sottolinea il capogruppo Francesco Boccia. «Ma la posizione di Borghi, come le parole di Salvini di questi giorni, fotografano lo scontro, continuo, nel governo. Con Salvini che fa il portavoce di Mosca».
Di tenore opposto le accuse del M5S: «La Lega spera di raccattare qualche voto anti-guerra, ma alla fine si è sempre allineata e ha sempre votato a sostegno di armi e guerra», attacca il pentastellato Arnaldo Lomuti.
In questo clima, il dicastero della Difesa sta limando i contenuti del dodicesimo pacchetto di armamenti, ormai in dirittura d’arrivo al Copasir. Smentito nei giorni scorsi l’invio dei missili Samp/T, il perimetro del nuovo pacchetto dovrebbe ricalcare quello dei precedenti.