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Il G20 e gli strappi di Trump: in Sudafrica un accordo al ribasso (e documento finale senza l'ok degli Usa)

Il presidente americano in aperta polemica con il governo di Pretoria ha inviato una delegazione di secondo livello: multilateralismo sempre più a rischio

Paolo Cappelleri

22 Novembre 2025, 18:25

18:31

Il G20 e gli strappi di Trump: in Sudafrica un accordo al ribasso (e documento finale senza l'ok degli Usa)

Una dichiarazione adottata «per consenso schiacciante» (con l’Argentina contraria) evita il fallimento totale del primo G20 in Africa. Lo stato di salute del gruppo delle principali economie mondiali è stato però diagnosticato con realismo da vari leader. «Il G20 è a rischio» perché fatica a risolvere le crisi globali, l’allarme lanciato da Emmanuel Macron nel suo intervento al summit di Johannesburg, il primo andato in scena senza uno dei Paesi membri al tavolo, per il boicottaggio degli Stati Uniti, senza contare le assenze di vari grandi leader, a partire dal cinese Xi Jinping e dal russo Vladimir Putin.

«Stiamo lottando per risolvere insieme le principali crisi attorno a questo tavolo» e «non ci stiamo mobilitando collettivamente per alcune priorità», sottolinea Macron. «La strada davanti è dura, bisogna trovare dei modi per giocare un ruolo costruttivo», conviene il britannico Keir Starmer. E anche il premier cinese Li Qiang si chiede che fine abbia fatto «la solidarietà globale», di fronte a «unilateralismo e protezionismo dilaganti».

Non sono certo misteriose le cause delle difficoltà del G20 - 19 nazioni più Unione europea e Unione africana, per il 85% del Pil mondiale e due terzi della popolazione - a partire dalle tensioni geopolitiche come quelle fra europei e Russia, fra Cina e Giappone, e le diverse strategie di G7 e Brics. Incertezze appesantite alla vigilia dallo scontro fra Usa e Sudafrica, con Donald Trump che ha boicottato l’edizione 2025 e il presidente africano Cyril Ramaphosa che si è rifiutato di fare il passaggio ufficiale di consegne agli Usa (potrebbe avvenire la settimana prossima lontano dai riflettori) con l’incaricato d’affari americano, il diplomatico di minor rango.

Nel 2026 toccherà infatti a Trump presiedere il G20, intende farlo a Miami e negli ambienti diplomatici si dice anche che punti solo sul summit dei leader, senza ministeriali. Intanto a Washington non è andata giù l’adozione di una dichiarazione non unanime al vertice di Johannesburg, annunciata in modo inedito all’inizio del summit. Per Ramaphosa è «un segnale importante al mondo: il multilateralismo può e sa portare risultati».

Viene citato lo spirito di Ubuntu, «le nazioni non crescono floride nell’isolamento». In 30 pagine e 122 paragrafi, come spesso accade, abbondano le dichiarazioni di intenti (dalla lotta al traffico di migranti alla riforma del Consiglio di sicurezza Onu). E i toni sul clima sono stati ammorbiditi per le resistenze di Arabia Saudita e Russia, che ha condizionato anche il paragrafo sui conflitti, con l’impegno a lavorare secondo la Carta Onu «per una pace giusta, globale e duratura in Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, nei Territori Palestinesi Occupati, in Ucraina».

Nelle conclusioni i leader ribadiscono l’impegno per il funzionamento del G20 «nello spirito del multilateralismo, sulla base del consenso, con tutti i membri che partecipano su un piano di parità a tutti i suoi eventi, compresi i vertici, in conformità con gli obblighi internazionali». A Johannesburg è andata diversamente, a Miami si vedrà.