Medio Oriente
Israele attacca Beirut: «Ucciso il capo militare di Hezbollah»
Morto Haytham Ali Tabatabai, capo di stato maggiore de facto e figura influente del Partito di Dio. Almeno cinque i morti. Netanyahu: «Di tutto per eliminare le minacce». L'uccisione è stata confermata
«Continueremo ad agire con tutte le nostre forze contro Hezbollah e a impedirgli di tornare a rappresentare una minaccia per i nostri cittadini». Le parole di Benyamin Netanyahu, in apertura della riunione di governo del mattino, risuonavano ancora quando le forze israeliane hanno lanciato, su suo ordine, un attacco sulla periferia sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, intensificando l’escalation in Libano.
Nel mirino un alto ufficiale della milizia filo-iraniana, Haytham Ali Tabatabai, capo di stato maggiore de facto e figura influente del Partito di Dio: responsabile delle attività militari in Siria, Yemen e Iraq, già comandante della Forza Radwan, l’unità d’élite del movimento, Israele lo riteneva il responsabile dei tentativi di Hezbollah di riorganizzarsi per tornare a colpire lo Stato ebraico, dopo che tra settembre e novembre 2024 ne aveva decimato la leadership. L’Idf ha confermato in serata di averlo «eliminato». «Un assassino sanguinario, con le mani sporche del sangue di israeliani e americani», lo ha definito il premier israeliano ricordando che gli Stati Uniti avevano offerto una ricompensa di 5 milioni di dollari in cambio di informazioni che portassero alla sua cattura. «Israele ha superato un'altra linea rossa», ha commentato un alto responsabile di Hezbollah. Il bilancio del ministero della Sanità libanese parla di 5 morti e 28 feriti. Secondo i media libanesi, nell’attacco sei missili hanno centrato tre piani di un edificio di 10 nel quartiere di Haret Hreik, nel sud della capitale. Hezbollah ha poi confermato l’assassinio del suo Capo di stato maggiore e numero due dell’organizzazione. Lo scrive Ynet.

Haytham Ali Tabatabai, capo di stato maggiore de facto e figura influente del Partito di Dio
Nelle ultime settimane l’Idf ha colpito quasi quotidianamente il sud del Libano, uccidendo diversi membri di Hezbollah per impedire che tornasse a minacciare Israele. Ma era da cinque mesi che non attaccava la capitale Beirut, dove tra una settimana è attesa la visita di Leone XIV. Il presidente libanese Joseph Aoun ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché «intervenga seriamente e con forza per mettere fine agli attacchi contro il Libano». Gli Stati Uniti, che premono sul governo libanese perché acceleri il disarmo di Hezbollah in base all’accordo di cessate il fuoco raggiunto un anno fa, non erano però stati avvertiti prima del raid, ha detto un alto funzionario americano a Channel 12. Washington sapeva delle intenzioni di Israele, ma non conosceva né la data né l'obiettivo, che sarebbe stato individuato e colpito nel giro di un’ora.
Del resto Netanyahu lo aveva chiarito: per contrastare le minacce e rispondere agli attacchi «operiamo indipendentemente da chiunque». In sostanza, non serve l’autorizzazione di nessuno per agire tanto contro Hezbollah, quanto contro Hamas.
La precisazione è arrivata all’indomani dei nuovi raid a Gaza, con un bilancio di 24 morti, che secondo i media avevano ricevuto il via libera degli americani. Hamas ha denunciato la «continua escalation» nella Striscia: una delegazione di alto livello, guidata da Khalil al-Hayya, si è recata al Cairo per discuterne con i mediatori egiziani, americani e qatarini. Inizialmente programmata per parlare di come procedere alla fase due del piano Trump - coi nodi ancora irrisolti dei corpi dei tre ostaggi da restituire e i miliziani intrappolati nei tunnel -, l'agenda della riunione è stata poi dirottata sulle accuse reciproche di Hamas e Israele di violare la tregua a Gaza.
(di Laurence Figà-Talamanca - ANSA)