Il caso
"Conflitto di interessi per La Rocca", così arriva il via libera a Iacolino. Ma adesso è gelo con Fdi: "Ci saranno conseguenze"
Gli assessori meloniani disertano la riunione del governo per le nomine. Il dirigente "battuto": "Nessuna incompatibilità, offesa una carriera trentennale".

Alessandro Aricò era in volo, l’assessora Elvira Amata bloccata da serie questioni familiari, Giusy Savarino ha marcato visita, mentre Francesco Scarpinato ha fatto in tempo a depositare sul tavolo della giunta di governo riunita questa mattina due note: una a firma del dirigente generale Mario La Rocca e una del partito. La prima lettera, buona a precisare la volontà del burocrate di dimettersi a sue spese dai Beni culturali, nell’eventualità dell’approdo alla Sanità; la seconda, per esprimere i dubbi formali sulla nomina di Salvatore Iacolino, appunto, alla guida della Pianificazione strategica.
Ma al netto di casualità e tecnicismi, quello che sta montando è un problema politico di non poco conto. Fratelli d’Italia è irritata. E lo è da un po’. “Ci saranno conseguenze”, sussurra qualche big meloniano. Non a caso, si parla di un confronto molto acceso, nei giorni scorsi, tra il commissario Luca Sbardella e il presidente della Regione Renato Schifani. Un’irritazione espressa in modo chiaro dallo stesso Sbardella a pochi minuti dall’inizio previsto della giunta: “Abbiamo chiesto al presidente della Regione di fermarsi – ha detto – non condividiamo quella nomina nella forma e nella sostanza. Se il governatore vorrà andare avanti, noi non voteremo”. E così è stato, al netto dei legittimi impedimenti degli assessori meloniani. Ma il presidente della Regione è andato avanti. Rispettando – apprezzano in ambito Forza Italia – la promessa di non stravolgere gli spazi politici decisi a inizio legislatura. Tradotto: Pianificazione strategica e Asp di Palermo devono essere guidati da due uomini di Forza Italia, sebbene di due aree distinte, per quanto, negli ultimi tempi molto più in sintonia. E così è stato. L’assist fornito a Schifani e al suo governo per la nomina di Iacolino è dato da una presunta incompatibilità dell’unico competitors “interno” rimasto: Mario La Rocca, appunto. Unico ostacolo sulla via della nomina di Iacolino, anche in virtù di una vecchia storia: quella che ha portato a guai contabili per i governatori Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta per la nomina dell’esterna Patrizia Monterosso a Segretario generale. Ostacolo che il governo regionale, però, avrebbe saltato agevolmente a causa di due elementi: il primo, appunto, l’incompatibilità presunta di La Rocca: da un’istruttoria della Regione sarebbe emerso un potenziale conflitto di interessi in quanto alcuni suoi congiunti avrebbero attività proprio nel campo sanitario, situazione incompatibile con un dipartimento come quello della Pianificazione strategica che per gli accreditamenti ai privati gestisce un budget di oltre 315 milioni di euro. Una contestazione che sta già spingendo diversi esponenti di Fratelli d’Italia a ironie e proteste sulla presenza della figlia di Iacolino nell’organico, sebbene da comandata, proprio dell’assessorato alla Sanità. Ma c’è anche dell’altro: il fatto, cioè, che il dirigente avrebbe dovuto dimettersi con sei mesi di anticipo dall’attuale carica ai Beni culturali. A quest’ultima questione attiene la lettera presentata da Scarpinato: La Rocca, infatti, si sarebbe detto pronto alle immediate dimissioni, anche a costo di pagare le sanzioni previste dal contratto.
Niente da fare. Il governo aveva già deciso. E i dubbi su La Rocca sono bastati per rendere Iacolino, a quel punto, l’unico candidato realmente in corsa, forte anche, ovviamente, di una preferenza politica e fiduciaria. Senza contare il fatto che nella discussione è entrato anche il PNRR: sarebbe stato dannoso per la Regione, questa una delle tesi di Palazzo d’Orleans, togliere La Rocca e Iacolino dai loro ruoli proprio in vista di una serie di scadenze tassative del Piano.
Una ricostruzione, però, che non è andata giù a La Rocca. L’incompatibilità contestata dagli uffici sarebbe “circostanza arcinota da oltre 16 anni – ha detto il dirigente – che non mi ha impedito di svolgere con onore ed apprezzamento dei più sia l’incarico di direttore generale del Policlinico di Palermo sia di dirigente generale del Dps. In tale veste per le medesime circostanze oggetto di addebito sono stato sottoposto ad indagini della autorità giudiziaria che ha ritenuto, citando pertinente giurisprudenza della Cassazione penale che non sussisteva un conflitto di interessi potenzialmente rilevante. Spiace constatare – ha aggiunto – che il deficit istruttorio privo di un dovuto contraddittorio abbia indotto alla adozione di un deliberato privo delle necessarie motivazioni e dall’altro mi abbia esposto ad un pubblico discredito che una onorata carriera ultra trentennale sicuramente non meritava”. Nella sua nota, La Rocca fa riferimento alla vicenda giudiziaria che lo coinvolse tre anni fa quando, a capo del dipartimento pianificazione strategica, fu denunciato da alcune associazioni. Nella richiesta di archiviazione del pm di Palermo, poi accolta dal gip, si legge: “Non si configura in capo a La Rocca un conflitto di interessi potenzialmente rilevante. Infatti la giurisprudenza sostiene che l’obbligo di astensione non sussiste in caso di provvedimento di carattere generale: ‘non hanno il dovere di astenersi dalla delibera di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, sia individuali che pubblici, sicché il provvedimento ha un contenuto di carattere generale’”. Ma al di là dei tecnicismi, il problema è politico. E c’è chi giura, in ambienti di Fratelli d’Italia: “Questa scelta produrrà delle conseguenze”.