L’intervista
Emanuele Cicerelli: «Catania, un boato da brivido. Lo porterò sempre nel cuore»
Il trequartista: «Il gol su punizione contro la Salernitana: calcio spesso d’esterno. C’è grande coesione con la società e i compagni, ora pensiamo alla gara col Benevento»

Si può essere lottatori in campo e campioni di semplicità fuori? Basta trascorrere un'ora con Emanuele Cicerelli, giusto il giorno dopo la sua punizione da Oscar che ha messo in difficoltà la Salernitana per avere conferme che, sì, nel calcio c'è anche gente semplice. Che, magari, si ferma qualche istante in più se all'uscita del Massimino incontra una tifosa proveniente da Francoforte che si commuove per un autografo. E siccome Cicerelli è sensibile e generoso, ha sfilato dal borsone la maglia della vittoria e gliel'ha donata. Questo episodio non lo ha raccontato lui, ovviamente, nel corso dell'intervista esclusiva concessa al nostro giornale, al sito lasicilia.it e ai nostri canali social che pubblicheranno un resoconto video.
Il boato, Emanuele. Dopo il gol, per due minuti ventimila tifosi hanno gridato il suo cognome.
«Avevo la pelle d'oca e se ne riparliamo anche a distanza di 24 ore avverto i brividi. Questa emozione, nel momento in cui sono tornato a Catania, avrei voluto viverla proprio così. E dico grazie a tutti: dal presidente Pelligra, al vice Grella, allo staff tecnico, a medici, magazzinieri».
Grazie anche ai compagni.
«Siamo una squadra unita al di là dei risultati. Certo, oggi è facile ribadirlo. L'ho detto anche dopo essere incespicati a Cosenza».
Ha rivisto il gol?
«Sì, ma ora pensiamo tutti al Benevento».
Ricreazione finita?
«Si pensa alla vittoria (o alla sconfitta) per un giorno, poi si guarda oltre».
Ma quella traiettoria da trenta metri vale la pena riviverla con il protagonista.
«Quello è il mio modo di calciare, di interno, per far scendere il pallone dietro la barriera».
Contro La Valletta in estate ha fatto centro in maniera simile.
«Domenica scorsa la distanza era maggiore».
Cosa le ha detto Di Tacchio, che s'era sganciato dalla barriera, prima che lei imprimesse quella traiettoria?
«Il capitano mi ha chiesto: "Calci direttamente o fai il cross?". Ho riferito che mi sentivo di calciare in porta subito».
Perchè?
«Vero è che abbiamo bravi saltatori, ma ho visto che il portiere stava per posizionarsi come per ricevere un cross. A quel punto ho tirato».
Questo, considerando anche l'altra stagione, è il gol più importante della sua parentesi rossazzurra?
«Metto, per la posta in palio, i due gol in Coppa: quello contro il Rimini in semifinale e quello in finale contro il Padova di due annate fa».
Quando è tornato, da Terni, qualcuno aveva già ipotizzato che sarebbe andato via dalla Sicilia. Così non è stato.
«La valutazione era stata fatta in un confronto con allenatore e direttore. Tutti in società da subito mi hanno fatto capire che ero al centro del progetto. Ho visto e percepito aria diversa. Dopo una settimana eravamo tutti d’accordo. Il rinnovo, comunicato il 9 agosto, era stato preparato molto prima».
Si sente più responsabile?
«Vivo serenamente, nel calcio ci sono situazioni simili a quella che ho affrontato. Mi sento, sì, responsabile ma al di là del rinnovo Se giochi nel Catania devi essere responsabile. Dobbiamo esserlo tutti nei confronti di una tifoseria e di una città che giustamente pretendono rispetto».
Toscano, di recente, ha detto: "Non mi servono i 19 gol di Cicerelli, quelli segnati con la Ternana l'anno prima, ma un giocatore che lavori anche per la squadra". Lei concorda?
«Sono un atleta che ha vissuto una carriera con determinate caratteristiche. Mi conoscono anche gli avversari, ora il modo di giocare è diverso. Non sono tornato al Catania per conquistare il titolo di capocannoniere a tutti i costi o per realizzare 20 gol. Più che mettermi in mostra e pensare ad obbiettivi personali che non ho, penso a dare una mano alla squadra. Se mi dicessero “realizzi solo tre o quattro reti ma vinci il campionato” io ribatto subito: “dove devo sottoscrivere?"
A Terni l'anno passato è stato un protagonista assoluto.
«Conservo ricordi di gare belle a parte i gol. Ho conosciuto persone valide e le amicizie me le porto dentro, così come la gratitudine verso chi mi ha stimato».
Tornando al post gara con la Salernitana: ma che lunedì è stato per lei?
«Mi sono allenato (sorride, ndr), come da programma».
A parte questo, che sensazioni le sono rimaste?
«Siamo un bel gruppo e lo pensavo anche prima. Restiamo con i piedi per terra quando si vince e non facciamo drammi se si perde. Siamo coesi, siamo persone che lavorano per un solo obbiettivo».
La classifica si è accorciata vistosamente, ma voi adesso la guardate?
«Ci facciamo influenzare poco dai commenti e da quello che succede all’esterno. Serve determinazione per arrivare alla vittoria, di certo c’è che suderemo sempre la maglia».
Dopo averla affrontata e battuta, che sensazioni ha della Salernitana?
«Squadra forte, noi siamo stati più lucidi. Dopo averla sbloccata abbiamo quasi dominato. Loro arriveranno in fondo, speriamo di arrivarci pure noi. Domenica è stata una gara secca, ma non dà e non toglie aspettative».
Il Benevento è l’altra capolista e domenica arriverà al Massimino. Altra sfida tutta da vivere.
«Sarà la stessa storia: partita di cartello e spero grande pubblico. Proveremo a portarla a casa, Sappiamo l’importanza che riveste questo confronto. Vivremo la settimana con serenità e con la consapevolezza della nostra crescita».
Nelle storie di Instagram ha riportato un filmato di sua sorella Francesca con una frase del cantane Holly: "Che nessuno si sorprenda sei i campioni siamo noi, anche quando non ci credo più nessuno la vinciamo alla fine". Chiara allusione...
«Ma no. Francesca ama questo artista, è stata una settimana con me a casa e ha visto la partita. Alla fine ha voluto festeggiare il successo in questo modo».
Ma lei è timido, riservato, conserva le emozioni dentro di sé?
«Sono quello che vedete, sono una persona equilibrata. Non sono timido, sto in gruppo e scherzo con i compagni quando serve. In campo resto serio».
C’è qualcuno che prende di mira quando è possibile ironizzare?
«Ma no, vivo tutti i compagni allo stesso modo, poi visto che l’ho conosciuto prima (arrivano tutti e due dalla Ternana, ndr), ho un legame più confidenziale con Casasola»
Mai una reazione fuori posto anche se la tartassano di calci e qualche volta ruzzola per il campo...
«Non reagisco e non mi piace il comportamento antisportivo, non vado a insultare l'avversario. Non lo farò mai. Sembro calmo prima delle gare perché mi piace viverla cosi. Ci si deve divertire concentrandosi. Così riesco a dare tutto».
All’anagrafe lei ha due nomi di battesimo. Emanuele Pio.
«Sono di Manfredonia, sono nato a San Giovanni Rotondo e al 95 per cento dei nascituri viene dato il nome di Pio per celebrare il Santo che viene venerato in tutto il mondo. Sono credente, avrei fatto anche io la stessa scelta se fossi stato un padre».
Quando ha segnato alla Salernitana non ha esultato.
«Per me era strano affrontare la mia ex squadra. Era la prima vota, a Salerno ho vinto il campionato di Serie B, siamo andati in A. Sono passati anni, prima del via ho salutato tanta gente del club che non vedevo da tanto».
Poi il gol che ha scavato il solco sulla trama della partita, quindi la festa con il pubblico.
«Ribadisco: il boato dello stadio me lo porto dentro. Sperando non sia un caso isolato».